Eccomi a voi. Oggi voglio parlare del mio recente passato collegandolo alla mia attuale professione, la moda, in particolare quella di Consulente d’immagine.

All’età di 22 anni ho preso servizio come Assistente Amministrativa presso gli Istituti Penitenziari di Parma e in quel luogo ho collaborato con il personale nelle diverse aree (pedagogica, amministrativa-contabile e segreteria comparto ministeri) per 37 anni.
Attraverso i miei ultimi studi ho notato che da diversi anni la moda ha intrapreso il percorso dell’eco-sostenibilità e impegno sociale.
Ora associate queste parole ad un’altra più forte, più dura: carcere.
Secondo voi questi termini si possono armonizzare? Sembrerebbe impossibile, eppure è realtà.

La moda del Riscatto

In alcuni carceri italiani si fa moda e non solo: la moda che nasce in quei luoghi è etica, creativa ma soprattutto ecosostenibile. Viene indicata in primis come moda etica, ma per tanti è molto di più; è il preludio a una rinascita, l’Occasione.

Questi brand sono nati perché c’è bisogno di loro, offrono una speranza e da questo impegno scaturisce una seconda possibilità per le persone che vi lavorano. Così la moda etica stabilisce un legame tra la violazione e l’espiazione.

Quello di cui vi voglio parlare non è la solita azienda di moda dal fatturato milionario e di modelle super famose; fate finta che quel mondo non esista e preparatevi a vivere un’esperienza surreale e inaspettata.
Immaginate che in quei laboratori chini a confezionare vestiti ci siano persone con un passato turbolento e dalla vita non facile. La moda etica consente a coloro che sono reclusi di avere un impegno, una passione e soprattutto un motivo per rinascere, oltre che un motivo di evasione, in senso lato.
Rinascere dentro e fuori quando nessuno se lo aspetta e nessuno ne è convinto, consapevoli di voler cambiare e ora sanno che lo possono fare.
La moda etica in questo ambito ha dimostrato che niente è perduto e che tutto può mutare.

Ecco, lontano dai riflettori, dalle vetrine e dallo shopping convulso di Via Condotti o via Monte Napoleone, lontano dal consumismo di massa e dalle luci delle passerelle, alcune piccole stiliste chiuse nei loro laboratori, oltre le sbarre, confezionano abiti con materiale naturale, seguendo l’istinto, la fantasia e la passione.
Poi li spediscono alla società oltre quelle sbarre dove stanno lentamente costruendo un nuovo mondo pulito, il loro. Tante sono le carceri impegnate in questa missione, ma in queste righe vi voglio raccontare di un progetto che mi ha particolarmente colpito: SIGILLO.

Il progetto Sigillo

Luciana Delle Donne, fondatrice di Officina Creativa, tramite il marchio Made in Carcere, dopo aver fatto seguire corsi formativi alle detenute della Casa Circondariale di Lecce e della Casa Circondariale di Trani, ha avviato la confezione di diversi articoli, come ad esempio colli di camicia particolari, borse, e papillon di seta.
L’imprenditrice ha spiegato che le collezioni che realizzano non seguono il percorso che in genere fanno gli stilisti, ossia, che dopo averle ideate la propongono al brand. La creazione nasce da quello che si ha al momento, vale a dire sulla base delle materie prime disponibili si realizzano i nuovi prodotti.
Lo scopo etico principale di Made in Carcere è diffondere la filosofia della “seconda opportunità” sia per le detenute che per i tessuti; progetto portatore di un messaggio di speranza e solidarietà ma anche rispetto per l’ambiente. I loro manufatti, semplici e creativi, nascono dall’utilizzo di materiali e tessuti di scarto provenienti da aziende italiane sensibili alle tematiche sociali e ambientali.
Queste donne hanno così la possibilità di imparare un lavoro e mantenersi.

Il brand allo stato è diffuso in 10 punti vendita e aderisce alla catena Eataly, è presente inoltre negli USA, in Canada, Parigi e Londra.

Luciana Delle Donne (cognome che è indice di un destino) è la responsabile dell’area dello stile prodotto e dell’area commerciale del progetto Sigillo. È la prima agenzia nazionale di coordinamento dell’imprenditorialità delle donne detenute e nuovo modello di economia sostenibile.
Sigillo è un marchio (di cui è garante il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) di qualità ed eticità e a gestirlo è una vera agenzia dedicata alla comunicazione e posizionamento sul mercato seguendo la logica di un brand.
Si tratta di una novità assoluta che un Dicastero sia parte attiva in un progetto di intervento sociale.

Cosa ne penso

Quindi posso sostenere che il carcere non è sempre un luogo buio, privo di entusiasmo e voglia di vivere.
Da questo progetto è scaturito un miracolo: le sbarre e le tetre pareti si sono dematerializzate lasciando filtrare i raggi solari che hanno fatto splendere i cuori di coloro lì ristretti; la moda etica ha fatto breccia.

Personalmente ho visto tanti progetti dedicati a queste persone ma pochi hanno il carisma che questo ha saputo mostrare. Di questo ne sono fermamente convinta, visto che ho redatto la tesi della mia laurea magistrale proprio sul tema della inclusione sociale delle persone ree.

Spero che questo articolo sia di vostro gradimento. Nel caso aveste degli interessi sui quali si possa disquisire, sono lieta di aderire.
Cari saluti.

Dott.ssa Marina Miccoli

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